Free to Play: Rispetto al 2012 i ricavi delle microtransazioni sono raddoppiati


Il ricorso alle microtransazioni è un qualcosa sempre in grado di portare ad accesi dibattiti tra (i pochi a dire il vero) utenti che sostengono che siano un ottimo compromesso, in grado di generare un guadagno per le varie software house senza inficiare troppo il divertimento di un dato gioco, e tra chi invece le condanna a spada tratta, bollandole come il male assoluto che ucciderà il medium assoluto.

In qualunque modo la pensiate (per quanto ci riguarda, la verità si trova ragionevolmente nel mezzo), un interessante analisi effettuata da SuperData ha evidenziato come, nel giro di relativamente poco tempo, il denaro ricavato dal ricorso alle microtransazioni sia aumentato vertiginosamente, segno di un evidente cambio di percezione delle stesse agli occhi dell’utenza.

Più nello specifico, se prendiamo come riferimento l’anno 2012, dove i ricavi relativi alle microtransazioni erano pari a 11 miliardi di dollari, oggi questa cifra è raddoppiata, toccando la soglia dei 22 miliardi di dollari.

Ci teniamo a precisare che questi dati sono relativi a titoli free to play e che non richiedono quindi un esborso iniziale per essere giocati.
Nel caso di titoli buy to play, infatti, la situazione è sensibilmente diversa, al pari della percezione dei videogiocatori.
Se in un titolo gratuito, e i dati di cui sopra ne sono un chiaro esempio, le microtransazioni stanno diventando sempre più tollerate agli occhi dell’utenza, lo stesso non si può dire quando il gioco in questione è un buy to play, come dimostra anche il recente caso Star Wars Battlefront 2.

Nel corso del suo report, SuperData ha anche avuto modo di citare proprio Electronic Arts, sostenendo che non è certo la prima software house al mondo che viene accusata di usare metodi poco onesti per lucrare sui giocatori, ed il polverone alzato da Battlefront 2 è sintomo che gli utenti non sono ancora convinti che inserire microtransazioni in un prodotto a pagamento sia un qualcosa di lecito da fare.

SuperData ha poi confermato che il trend delle microtransazioni non accenna ad arrestarsi e, anzi, è in forte ascesa rispetto al passato.
Si specifica inoltre come le varie aziende stiano cercando sempre più metodi e strategie per monetizzare il più possibile con i propri prodotti, tra cui l’abbassare il prezzo di vendita iniziale dei propri titoli.

Quest’ultimo fattore apre quindi a scenari futuri decisamente verosimili dove, volendo al contempo inserire le microtransazioni nel proprio gioco ed evitare l’”effetto Battlefront 2”, un determinato publisher potrebbe decidere di vendere un gioco tripla A ad un prezzo di lancio decisamente inferiore rispetto a quanto siamo abituati, puntando sul riguadagnare i soldi “persi” col ricorso alle microtransazioni.

Voi cosa pensate di questo ipotetico scenario? Sareste disposti ad avere microtransazioni all’interno di un titolo buy to play se doveste pagarlo meno? Fatecelo sapere!

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