Quel posto speciale: To the Moon


To the Moon è la storia di un uomo vecchio e irrimediabilmente malato.
Un uomo che, costretto a letto dalla sua malattia, sa bene che il tempo a sua disposizione è sempre più scarso e, da un momento all’altro, potrebbe chiudere gli occhi per sempre, calando il sipario su un’esistenza piena, intensa, ma non per questo priva di rimpianti.

Johnny, questo il nome del nostro uomo, ha infatti un sogno che si è portato dietro fin da bambino. Uno di quei sogni tipici di molti animi fanciulleschi che, mentre guardano il mondo con occhi pieni di curiosità e meraviglia, non possono che generare una struggente tenerezza nel cuore di ogni adulto che si è ormai scordato cosa significhi scoprire il mondo per la prima volta.
Il desiderio più profondo di Johnny, rimasto inappagato durante la sua vita, è quello di raggiungere la Luna, come lo stesso titolo del gioco suggerisce.

Dato che farlo materialmente risulta impossibile (per ovvie ragioni), a Johnny non resta che affidarsi ad una coppia di dottori specializzati nell’instillare dentro la mente del richiedente dei ricordi artificiali, in modo che possano abbandonarsi alla morte serenamente, senza che il peso del rimpianto gravi sui suoi ultimi istanti di vita.
Il ruolo del giocatore sarà quello di impersonare i dottori in questione, tali Watts e Rosalene, che avranno proprio il delicato compito di convincere Johnny che, sulla Luna, lui ci è stato davvero.
C’è solo un problema a tutto ciò, rappresentato dal fatto che, prima di poter effettivamente procedere con l’installazione dei ricordi fittizi, occorre conoscere la motivazione profonda che ha portato un tale individuo a voler veder realizzato proprio quel dato desiderio; motivazione che lo stesso Johnny non sembra ricordare.
Dati i presupposti, i due dottori, muniti dei loro tecnologici congegni, dovranno entrare nella mente di Johnny, procedendo a ritroso nei suoi ricordi fino a scoprire il vero motivo per il quale andare sulla Luna è diventata la cosa per lui più importante.

Si può forse rimanere impassibili davanti a una tale visione?

A livello di puro gameplay, To the Moon ha poco da offrire. Dopotutto, l’intero titolo è stato realizzato interamente con RPG Maker, un semplice tool di sviluppo utilizzato perlopiù per realizzare giochi di ruolo vecchio stampo, di quelli che si vedevano un tempo, dove i personaggi erano semplici sprite e il mondo di gioco era costituito interamente da pixel colorati.
Se pensate che To the Moon sia un RPG, però, sbagliate, dal momento che il gioco non offre né battaglie né punti esperienza, non contempla side-quest nella sua struttura e non è presente alcun sistema di progressione dei personaggi.
Che cos’è, allora, To the Moon? Cercare di infilarlo in un genere specifico sarebbe ingiusto, perché il titolo di Freebird Games vuole essere prima di tutto il racconto di una storia toccante e solo in seguito anche un videogioco.
Gli elementi puramente ludici si contano infatti sulle punta delle dita di una mano sola e, fatta esclusione per una manciata di semplicissimi minigame, tutta la struttura giocabile del titolo verterà quasi esclusivamente sull’esplorazione delle aree di gioco, con lo scopo di ritrovare determinati oggetti che ci consentiranno di “sbloccare” una parte più profonda della memoria di Johnny, procedendo così allo stage successivo.

Descritto in questi termini, To the Moon sembra un titolo estremamente povero e limitato ma, come accade sempre più spesso nel panorama dello sviluppo videoludico indipendente, la prima opera commerciale di Freebird non può essere scissa dalla sua componente narrativa, che rappresenta davvero uno dei picchi più alti mai toccati all’interno del medium tutto (e non stiamo affatto esagerando!).
Benché ce ne avessero parlato fin da subito con toni entusiastici, mai ci saremmo aspettati che dietro quel titolo realizzato in 2D, con uno stile visivo che qualcuno potrebbe addirittura bollare come “da bambini” (ma comunque dotato di una direzione artistica di prim’ordine, capiamoci!), si nascondesse una storia in grado di toccarci nel profondo, arrivando a commuoverci sinceramente e smuovendo questi freddi cuori ormai induriti da anni di farming su un MMO a caso e miriadi di kill su un FPS online altrettanto a caso.

Questo "ammasso" di pixel è riuscito a farci piangere...

Qualora non vi avessimo ancora convinto e gli screenshot “infantili” del gioco vi fanno desistere, fatevi un favore e prendete il tutto come una sfida: provatelo!
La storia orchestrata dal team di sviluppo è in grado di toccare corde difficilmente raggiunte in precedenza da qualsiasi opera elettronica e, nel giro di una manciata scarsa di ore, vi farà sorridere, soffrire e, infine, una volta giunti davanti alle schermate conclusive del titolo, vi accorgerete inevitabilmente di avere gli occhi lucidi perché, in qualsiasi modo la mettiate, quell’ultimo, disperato viaggio verso la Luna è semplicemente una delle cose più belle a cui ci sia mai capitato di assistere.

La tentazione di rivelarvi parti della trama che vadano oltre le semplici premesse è forte, ma ci siamo ripromessi di mantenere l’intero articolo libero da qualsiasi spoiler e non intendiamo certo ritornare sui nostri passi.
Se questo impulso è forte, però, è solo perché la componente narrativa di To the Moon è un qualcosa con cui qualsiasi videogiocatore (e non solo, ci verrebbe da dire…) dovrebbe fare i conti una volta raggiunta una certa maturità.
L’unico scotto, se così si può chiamare, a cui andrete incontro sarà quello di dovervi impegnare a leggere un quantitativo di testo notevole, ma che vi ripagherà in pieno del tempo concesso.
Complici i frequenti saldi organizzati dai più importanti rivenditori digitali, non è raro trovarlo in vendita all’equivalente di una colazione fatta con cappuccino e brioches.
I requisiti hardware sono praticamente nulli e l’inesistente livello di sfida lo rendono un titolo accessibile a chiunque, senza se e senza ma.
Non è un semplice consiglio. Fatelo vostro. Ne uscirete arricchiti.


Immagini allegate:

La rubrica

Una rubrica dedicata a quelle produzioni indie che non cercano in alcun modo di ricalcare le esperienze già tracciate dai giochi "canonici", ma si inerpicano per nuovi percorsi, spesso tralasciando in parte o totalmente il puro gameplay in favore di un messaggio finale che il gioco vuole trasmettere. Insomma, quando il gioco non è solo un gioco, ma vera e propria arte videoludica. In pochi possono capire fino in fondo determinati titoli e concentrarsi esclusivamente su ciò che vogliono suscitare, indipendentemente da grafica e gameplay... bene, questa rubrica è tutta per voi.

Social network

N.D

Pubblicità